Il sistema tributario e l’attuale normativa penale
per sistema tributario si intende l’insieme delle norme di uno stato che regolano i tributi ovvero le Entrate dello Stato e degli altri enti pubblici, prelevate ai privati in modo coattivo nell’esercizio di pubblici poteri.
Tutti i sistemi tributari si ispirano ai principi di efficienza economica- in relazione all’allocazione delle risorse-, di semplicità amministrativa, di flessibilità, di trasparenza politica e di equità.
Il legislatore italiano ha inteso ispirare, dopo la radicale riforma del 1971, la propria azione in tale materia a tre obiettivi fondamentali:
•adeguamento della capacità contributiva
•semplificazione del sistema ( attraverso la riduzione delle imposte)
•lotta all’evasione
Le nuove soglie di punibilità introdotte dal Decreto Legge 13 agosto 2011 n.138
Art. 2
—Per quanto riguarda il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti è stata eliminata la circostanza attenuante integrata dall’ammontare di elementi passivi fittizi inferiore a euro 154.937,07.
—In quel caso si prevedeva la reclusione da sei mesi a due anni, invece di quella base compresa tra un anno e sei mesi e sei anni, la quale oggi risulta l’unica applicabile.
Le modifiche al d.lg. 74/2000: stretta sui reati tributari
Art. 3
—Vengono poi ridotte le soglie di punibilità previste per il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici.
—Il delitto è oggi punibile se l’imposta evasa supera trentamila euro e non più 77.468,53 euro.
—Inoltre deve essere superata anche la seconda soglia, la quale è integrata se l’ammontare degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, è superiore al 5 per cento dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione o comunque è superiore a euro 1 milione (rispetto a euro 1.549.370,70 della versione previgente).
Art. 4
—Anche per la dichiarazione infedele viene dimezzata la prima soglia di punibilità, relativa all’ammontare dell’imposta evasa (da euro 103.291,38 a euro 50 mila).
—La seconda soglia non viene invece sostanzialmente toccata: l’importo è di 2 milioni di euro, rispetto ai 2.065.827,60 del regime previgente.
Art. 5
Anche per l’omessa presentazione della dichiarazione viene sensibilmente ridotta la soglia di punibilità, relativa all’ammontare dell’imposta evasa: da euro 77.468,52 a euro 30 mila.
Art. 8
—Per il delitto di emissione di fatture per operazioni inesistenti viene abrogata la circostanza attenuante che riduceva la sanzione detentiva se il falso importo indicato in fattura non superava euro 154.937,07 per periodo d’imposta (reclusione da 6 mesi a 2 anni)
—Pertanto la pena secondo l’attuale normativa è in ogni caso compresa tra 1 anno e 6 mesi e 6 anni di reclusione.
—La legge n. 148 ha integrato pure il regime delle pene accessorie, con l’esclusione della sospensione condizionale delle pena, per i delitti previsti dagli articoli da 2 a 10 del decreto n. 74, nei casi in cui ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni:
a) l’ammontare dell’imposta evasa sia superiore al 30 per cento del volume d’affari;
b) l’ammontare dell’imposta evasa sia superiore a tre milioni di euro.
Si noti che tale esclusione non riguarda i delitti di cui agli artt 10-bis (Omesso versamento di ritenute certificate), 10-ter (Omesso versamento di IVA), 10-quater (Indebita compensazione) e 11 (Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte).
—Lo stesso pagamento del debito tributario (prima dell’apertura del dibattimento di primo grado: art 13) determina una minore riduzione della pena (“fino ad un terzo” rispetto al “fino alla metà” previgente).
—In ogni caso, il pagamento del debito tributario costituisce – per tutti i delitti tributari - condicio sine qua non della richiesta di applicazione della pena ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale (patteggiamento).
Importante pure la modifica del regime della prescrizione (art 17).
—Tra gli atti interruttivi, oltre a quelli tassativamente indicati dall’art 160 c.p., rientrano il verbale di constatazione e l’atto di accertamento delle relative sanzioni.
—Restano fuori dall’ambito da quest’ultima modifica i menzionati delitti di cui agli artt 10-bis, 10-ter, 10-quater e 11 del decreto n.74.
—Infine la legge n. 148 precisa – in maniera ultronea, in relazione alla necessaria operatività del divieto di retroattività delle norme sfavorevoli al reo - che le norme introdotte si applicano ai fatti commessi successivamente alla data di entrata in vigore della legge stessa (quindi dal 17 settembre 2011).

I 5 trucchi
—Il primo esempio, classico, di elusione è quello di un’azienda che ha tre stabilimenti produttivi e ne vuole vendere uno. Con una semplice cessione pagherebbe un’imposta di registro del 3%, ma costituendo una società ad hoc, conferendole lo stabilimento e vendendo l’intero pacchetto (Spa e fabbrica), potrebbe riuscire a bypassare la tassa del 3%.
—Il secondo esempio è il cosiddetto “leveraged buy out”: la pratica per cui l’ azienda accende prima un finanziamento e compra poi un’altra impresa in utile, la incorpora con una fusione e quindi compensa i profitti della preda con gli interessi passivi del predatore. Risultato meno reddito e quindi meno tasse.
—Dal terzo si passa agli esempi di elusione internazionale. Se i primi due si possono infatti fare “in casa”, per gli altri serve un pizzico di esterofilia in più e si deve scegliere uno di quei tanti Stati con “regime fiscale più favorevole”: una locuzione che abbraccia tutte le nazioni dove si pagano meno tasse rispetto all’Italia. Nella casistica internazionale rientra chi si finanzia da una consociata di un Paese fiscalmente più generoso, e lì sposta una fetta di reddito (gli interessi);
—dalla stessa consociata si possono poi comprare merci a costi fuori mercato, trasferendole anche in questo caso ricavi e utili oppure c’è chi preferisce le triangolazioni: dovendo vendere all’estero i propri prodotti, prima li fa passare per una società consociata in uno “Stato dal fisco leggero”, e quest’ultima poi li rivende alle altre consociate nei mercati di sbocco. In questo caso, la società “intramezzo” può comparare a 10 e rivendere a 12, realizzando senza quasi batter ciglio un margine del 20% a bassa, se non bassissima (a seconda della residenza), tassazione.
—Il principio secondo cui l’elusione fiscale può assumere rilevanza penale è stato espresso nella sentenza – depositata in questi giorni – con cui la Corte ha riaperto il fascicolo sugli stilisti Domenico Dolce e Stefano Gabbana. Altre due recenti sentenze della Cassazione su argomenti fiscali hanno poi stabilito che: anche le aziende con sede legale e oggetto sociale all’estero, ma con cuore amministrativo in Italia, devono pagare le imposte a Roma; e (seconda sentenza) dovranno fare lo stesso anche le “stabili organizzazioni occulte” (e non solo quelle palesi come stabilimenti o filiali) di società estere in Italia.
Sono quasi il 50% in più rispetto al 2010 le segnalazioni di reati tributari arrivate alle procure nei primi sei mesi di quest'anno.
L'incremento maggiore riguarda gli illeciti legati ai mancati versamenti dell'Iva (+80%) e delle ritenute sugli stipendi dei dipendenti (+58%).
L'aumento delle notizie di reato dipende dalla crisi economica, ma è anche connesso alla possibilità per le Entrate di ottenere il raddoppio dei termini d'accertamento quando scatta il penale.
Gli uffici giudiziari faticano però a smaltire la mole di nuovi fascicoli.
L’elusione fiscale puo avere rilevanza penale se si viola una specifica norma antielusiva
La Corte di Cassazione, seconda sezione penale, nella Sentenza n. 7739, depositata il 28 febbraio 2012, ha concluso che l’elusione fiscale può rilevare penalmente, ma solo nel caso in cui il contribuente abbia violato specifiche norme antielusive, restando irrilevanti ai fini penali le clausole antielusive generali.
Pertanto, poiché l’art. 37-bis del D.P.R. n. 600/1973 è norma antielusiva che elenca anche specifiche operazioni societarie (quali fusioni, scissioni, conferimenti, eccetera), si dovranno valutare eventuali profili penali connessi alla potenziale qualificazione elusiva delle riorganizzazioni di imprese e gruppi societari.
A sostegno della propria tesi, la Corte ha posto i seguenti argomenti:
—Nella definizione di imposta evasa è possibile ricondurre anche quella di imposta elusa
—Secondo quanto disposto dall’articolo 1, lettera f, del D.Lgs. n. 74/2000 per imposta evasa si intende la differenza tra l’imposta effettivamente dovuta e quella indicata nella dichiarazione, ovvero l’intera imposta dovuta nel caso di omessa dichiarazione, al netto delle somme versate dal contribuente o da terzi a titolo di acconto, di ritenuta o comunque in pagamento di detta imposta prima della presentazione della dichiarazione o della scadenza del relativo termine.
—Data l’ampia formulazione letterale della norma, l’imposta elusa è idonea a qualificarsi come imposta evasa ai fini del D.Lgs. n. 74/2000: “l’imposta elusa, che è, appunto, il risultato della differenza tra un’imposta effettivamente dovuta, cioè quella della operazione che è stata elusa, e l’imposta dichiarata, cioè quella auto liquidata sull’operazione elusiva”.
Elusione fiscale e abuso del diritto: l’imbarazzante posizione del Pubblico Ministero
—In mancanza di una disposizione cui raffrontare la condotta elusiva e su cui parametrarne la rilevanza penale, si produce unicamente l’effetto di colmare le scrivanie dei Pubblici Ministeri i quali non possono inventare qualcosa che non c’è, o che non è stato tassativamente definito.
—Non resta alloca che apperllari a Parmenide!
Conclusioni
—Si spera che, nel restyling delle sanzioni da rendere proporzionali alla gravità delle condotte, il legislatore vorrà finalmente tracciare una linea d confine chiaro tra elusione ed evasione fiscale;
—Dalla “scatola nera” della crisi finanziaria potremmo, solo in tal modo, recuperare i meccanismi patologici essenziali ed avere gli strumenti per combatterli.
—In virtu’ della scelta di circoscrivere l’ambito della punibilità penale, l’auspicio è che l’approvazione e fattuazione della delega escludano dal novero dei reati anche gli illeciti di omesso versamento che non siano sottesi dalla finalità di evasione.
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